Il giudizio diametralmente opposto che diversi politici danno ai blocchi stradali e agli ‘atti vandalici’ a seconda di chi li fa, mi spiazza un po’. Mi chiedo però se non ci sia anche qualcos’altro, dietro a questo molto variabile metro di giudizio. Me lo chiedo perché la mia sensazione è che qui non ci sia solo una tristanzuola strumentalizzazione politica. Mi pare che, davvero, nel complesso noi cittadinə

siamo meno scandalizzatə dalle manifestazioni degli agricoltori che da quelle degli attivisti per il clima.

Ammesso che non mi sbagli, mi sembra sorprendente: fanno molti più danni gli agricoltori. Cerco di capire perché le cose stiano così, ma mi viene in testa solo questo pensiero:

le manifestazioni degli agricoltori, le comprendiamo di più.

Magari le disapproviamo nei modi, magari pure nei contenuti, però le capiamo. C’è un settore che si ritiene penalizzato e dunque protesta, con richieste – molto chiare – di natura economica. È un film già visto tante volte, che può piacerci oppure no, che consideriamo falso oppure realistico. In ogni caso, la sua trama è chiarissima e arcinota.

Quello degli attivisti per il clima, invece, è un altro film, di un genere nuovo, mai visto. Cosa vogliono? Che obiettivi hanno? La sopravvivenza degli esseri umani? Un po’ vago. E che nomi hanno! Ultima generazione? E quale sarebbe, l’Ultima generazione? La mia? Quella dei miei figli, quella dei miei nipoti? Just Stop Oil? Cioè, devo vendere la macchina, e devo farlo proprio adesso?

Non dico che chi manifesta per il clima con i blocchi stradali non abbia idee e obiettivi chiari, anzi. Dico che, probabilmente, le loro richieste vengono percepite da moltə come qualcosa di strampalato, di bizzarro. Quindi qualcosa di più fastidioso anche se decisamente molto meno impattante delle manifestazioni degli agricoltori.

Inoltre, che si sia d’accordo o meno con gli agricoltori in protesta, loro stanno combattendo per un obiettivo da raggiungere nell’immediato: il famoso ‘arrivare a fine mese‘. Gli attivisti, invece, vengono percepiti come quelli che si preoccupano del ‘fine secolo‘, viste le informazioni che girano su come sarà ridotta male la Terra al 2100 (anche se sappiamo benissimo che i guai ci sono già adesso). E non c’è storia: tra ‘il fine mese’ e il ‘fine secolo’, vince il primo.

Non sto cercando di giustificare il doppiopesismo delle istituzioni, anzi (prima ho detto che mi spiazza: beh, mi sono trattenuto). Meno ancora ho la presunzione di dire agli attivisti quale sia la strategia di protesta che devono adottare (anche perché vorrei sapere chi può dire quale sia la migliore, ne avevo scritto qua).

Ma, per chi lavora nella comunicazione della transizione ecologica, credo ci sia di che riflettere.

Forse, per far capire come stanno le cose, dobbiamo inventarci qualcosa di più innovativo, più creativo.

Sui blocchi stradali e gli atti vandalici – quelli veri, non quelli degli attivisti per il clima – c’è già chi ha il monopolio, e conviene lasciarglielo.

Daniele Scaglione